Da alcuni anni a questa parte gli appassionati di orologi (e anche i non appassionati) hanno assistito a un continuo elevarsi di prezzi e quotazioni dell’orologeria vintage, ormai diventata quasi più un asset da investimento, che non un oggetto in grado di scatenare passioni. E però, nel bene o nel male, questo fenomeno ha fatto avvicinare un crescente numero di persone al mondo dell’orologeria d’epoca tanto più se si tratta di orologi come Pateck Philippe, Audemar Piguet, Vacheron Constantin, Omega...

Perciò in questo blog vorremmo essere di aiuto e comprensione delle molteplici dinamiche che regolano l’acquisto e l’apprezzamento di un orologio d’epoca, andando a chiarire i vari aspetti universalmente ormai codificati e accettati, che distinguono uno splendido orologio, da un accrocchio inguardabile (e in futuro invendibile) all’occhio attento di un conoscitore.

Esistono alcuni punti fermi dai quali nessun collezionista si dovrebbe allontanare: quadrante originale e non ristampato, cassa lucidata il meno possibile (anche in presenza di minimi segni d’uso), movimento in buone condizioni e perfettamente funzionante. 

Altri parametri sono legati al materiale con cui è realizzata la cassa, meglio se in acciaio o in oro a 18 carati. Ben accette anche quelle in oro di caratura inferiore fatte per i mercati inglese e americano. Molto meno accettate, invece, sono le casse placcate in oro (riconoscibili per il fondello in acciaio) o in ottone cromato (caratterizzate dalla scritta “stainless steel back” o “fond acier” sul fondello, che indicano che solo questo è in acciaio).

In presenza di esemplari perfettamente conservati, con cassa placcata o cromata bisogna comunque tenere conto del fatto che il prezzo deve essere adeguato e la futura rivendibilità più difficile.

Come detto, quasi al centro di tutto, c’è l’originalità del quadrante. In passato si badava poco a questo fattore, per cui alla minima ombreggiatura o difetto, il quadrante veniva ristampato d’ufficio dall’orologiaio, che rendeva il cliente soddisfatto di avere un orologio esteticamente pari al nuovo. Questo significa che una larga percentuale di orologi in vendita hanno il quadrate non originale. In questi casi non si parla di decurtazione di valore e prezzo, ma di orologio che un appassionato o un collezionista non comprerebbe mai.

Altro elemento di decisa rilevanza è lo stato della cassa, se nel tempo è stata poco o mai lucidata. Ma troppo spesso a ogni passaggio dall’orologiaio la si lucidava a fondo, anche qui con l’intento di far contento il cliente e facendo però danni incalcolabili laddove ad operare non era un artigiano qualificato.

Alla fine, tutto sommato, lo stato del movimento è quello che desta minori preoccupazioni, purché semplicemente da revisionare e non afflitto da problematiche serie.

Eventuali plus possono essere la corona originale, in genere logata con il marchio della casa, e la fibbia abbinata al cinturino anch’essa originale. Il cinturino, invece, è sempre stato materiale di consumo, nessuno lo cercherà originale (l’immaginate un’auto d’epoca con pneumatici originali?).

Su fibbia e corona va però aperto un discorso a parte, che ancor di più riguarda il mondo del collezionismo Rolex di cui andremo più avanti a parlare. E cioè che “originale” non vuol dire “coevo” termine che oggi in orologeria vuol dire “coerente con il periodo di fabbricazione”. Le case orologiere nel corso degli anni hanno cambiato logo, simboli, grafiche, su corone e fibbie e quella giusta non sarà mai una generica della casa, ma quella in uso esattamente nel periodo di fabbricazione dell’esemplare che ha attirato la nostra attenzione.

Il discorso del “coevo” è alla base del collezionismo Rolex vintage, che in buona parte è un mondo completamente a sé stante e che su questo basa l’appetibilità e la quotazione di un determinato esemplare. Negli anni i collezionisti, con studi di decenni e ancora in corso d’opera di perfezionamento, hanno catalogato le tipologie di quadranti, inserti, ghiera, corone, bracciali, che devono accompagnare un esemplare di un determinato periodo storico.

Tutto parte dal seriale e a quel seriale deve corrispondere tutto il resto. Ci sono infiniti studi e classificazioni che prendono in esame le grafiche dei quadranti e degli inserti ghiera a seconda del periodo di produzione, ma per un neofita è una jungla che potrebbe riservare sorprese spiacevolissime. Questo anche perché le quotazioni premiano quadranti che hanno una loro specifica caratteristica (e spesso identificati con nomignoli che ormai fanno parte del gergo collezionistico) che possono anche far raddoppiare il valore di un orologio. Ma sempre che tutto torni, tutto sia coevo e coerente. Ed essendo i Rolex da sempre orologi molto usati e molto vissuti, è facilissimo imbattersi in esemplari, per esempio, del 1967, ma con quadrante del 1975, inserto ghiera del 1980 e bracciale ancora successivo. Questi elementi nel tempo si rovinavano e la Rolex stessa li sostituiva per ridare piena funzionalità all’orologio.

Ma da un punto di vista collezionistico questa è una iattura da evitare assolutamente. Anche per questo ancora oggi non è mai una buona idea mandare alla casa madre un orologio vintage, perché i loro criteri che premiano la funzionalità, sostituendo quindi pezzi, si sposano malissimo con quelli ormai codificati tra i collezionisti, che invece prediligono la coevità. E questo che siano Rolex o altre marche. 

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